Una giovane dama dai tratti raffinati ed eleganti volge lo sguardo alla sua sinistra, un sorriso appena abbozzato appare sulle labbra e l’espressione del viso è profonda e imperscrutabile.
Così ci appare il celebre dipinto di Leonardo Da Vinci Dama con l’ermellino, modernissimo per la composizione e l’accurata introspezione psicologica. Una testimonianza visiva che ha superato i secoli per mostrarci il volto enigmatico e di rara bellezza di Cecilia Gallerani, di cui Leonardo immortala non solo le sublimi fattezze esteriori, ma soprattutto quei moti dell’animo da sempre indagati dal geniale artista.
Proveniente da una famiglia al servizio degli Sforza, Cecilia conosce giovanissima il futuro Signore di Milano, Ludovico Maria Sforza, detto “il Moro”, che rimane da subito affascinato dalla sua bellezza e dalla sua vivace intelligenza, introducendola così alla corte sforzesca come sua amante.
Le testimonianze dell’epoca la descrivono come una donna istruita e un’eccellente intrattenitrice dei salotti culturali della Milano rinascimentale, e proprio il Duca di Milano, consapevole delle doti della sua amata, desiderava averla al suo fianco anche nelle occasioni ufficiali. La sua devozione verso la bella Cecilia lo portò a farla ritrarre da un artista già noto all’epoca per le sue capacità poliedriche e innovatrici, Leonardo Da Vinci, ospite presso la corte sforzesca dal 1482.
Successivamente al matrimonio di Ludovico il Moro con Beatrice D’Este, Cecilia, figura ingombrante alla corte per la sua avvenenza e, soprattutto, per la sua capacità di farsi amare e trovarsi a suo agio tra l’élite intellettuale milanese, fu presto costretta ad abbandonare il suo protettore e a convolare a nozze con il conte Ludovico Carminati, feudatario di San Giovanni in Croce, dove stabilirono la loro residenza di campagna.
A San Giovanni, la nuova padrona di casa animò le sale del castello con una piccola corte rinascimentale, invitando ed intrattenendo personalità di spicco tra gli intellettuali dell’epoca.
Una donna del Rinascimento a tutto tondo, capace di ricreare l’atmosfera della corte sforzesca anche lontano da Milano.